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LA VARIA DI PALMI - La manifestazione popolare, di particolare coinvolgimento, si riallaccia al culto della Madonna della Lettera di Messina. Nel 42 d. C. la Madonna, ad alcuni Messinesi che si erano recati a Gerusalemme, donò una lettera ed una ciocca dei suoi capelli. Nel 1582 i Messinesi donarono un capello della Madonna ai Palmesi, per ringraziarli dell'aiuto offerto durante l'epidemia di peste del 1577. La Varia ripropone la versione messinese della "Bara", struttura piramidale sostenuta da grosse travi di legno. Su una impalcatura in ferro una scenografia di 16 metri rappresenta l'Assunzione: una grande nuvola sulla quale ruotano il sole, la luna, la terra, gli angeli (bambine), e, in cima, sostenuta dal Padreterno, è collocata l'"animella", bambina di 10-11 anni scelta per elezione popolare alla quale spetta il compito di chiedere la benedizione sull'intera città. La maestosa struttura viene messa in movimento ("scasata") da circa 200 portatori ("mbuttaturi") che la trascinano lungo il persorso mentre l'animella dall'alto saluta la folla. L'evento, che rientra nella Rete delle grandi macchine a spalla italiane, il 4 dicembre 2013 è stato inserito nel Patrimonio orale e immateriale dell'umanità dell'UNESCO.   [www.mbuttaturidellavaria.it]   [Wikipedia La Varia di Palmi]   [www.comunedipalmi.it]

 

GLI SPINATI DI PALMI - Nel giorno della festa del Santo Patrono, quando la statua di San Rocco viene portata in processione a spalla dai ventiquattro "mbuttaturi", i protagonisti della manifestazione religiosa sono gli spinati, i penitenti. Le donne portano una corona di spine, mentre gli uomini, a torso nudo, si avvolgono nello spalas, una sorta di "mantello" formato da pungenti rami di ginestra selvatica, legati sopra la testa e ricadenti sulle spalle, le braccia, il dorso e il petto. Solitamente tutti gli "spinati" stringono al petto, sotto le spalas, un'immagine della statua di san Rocco tenendo le braccia incrociate, indossano pantaloni di colore bianco e devono procedere scalzi. Con il passare delle ore, le spine lacerano la pelle, e il sangue scende a rivoli.   [Wikipedia Festa di San Rocco]  

 

I VATTIENTI - E' l'antico ed immortale rito del Sabato Santo di Nocera Terinese che trae la sua origine dalla pratica dell’autoflagellazione che si diffuse a partire dal Medioevo e che ebbe essenzialmente una funzione religiosa, di penitenza e di espiazione dei peccati. I "vattienti" sono gli uomini che si flagellano pubblicamente a sangue gli arti inferiori con un oggetto contundente (il "cardo", un disco di sughero di 10 cm con sporgenti su una faccia 13 acuminati pezzetti di vetro) in adempimento di un voto ed in segno di devozione. Il flagellante percorre l'abitato fermandosi davanti al portone di casa di parenti ed amici e battendosi riceve da questi abbondante vino che gli viene versato sulle ferite come disinfettante. Solo davanti alla statua della Pietà, il battente, fattosi il segno della croce e versando il sangue ai piedi della Vergine, scioglie il voto e può ritenersi soddisfatto.

 

L'AFFRUNTATA - "'A cumprunta" o "affruntata" è la suggestiva rappresentazione che culmina i riti della Settimana Santa celebrando l'annuncio della Resurrezione del Cristo, a Maria, tramite San Giovanni, che prima incontra il Cristo Risorto e poi si reca dalla Madonna per comunicarne l'evento. In un emozionante crescendo di velocità per ben tre volte la statua di San Giovanni fa da spola e da messaggero tra il Cristo Risorto e l'incredula addolorata Madre, vestita a lutto. Appresa la notizia Maria si lancia in una straordinaria corsa verso il Figlio Risorto; il suo abito nero scompare ed appare, agli occhi commossi della gente, con una splendida veste bianca.

 

LA MADONNA DEI POVERI - L'origine del culto mariano è avvolto nella leggenda. Pare che un lontano martedì o mercoledì Santo, un gruppo di seminaresi in cerca di verdura selvatica nella vicina campagna di Tauriana, sotto un mucchio di sassi ed erbacce, vide la statua dispersa anni prima, la quale si appesantì tanto da non poter essere trasportata: gli unici a poterla sollevare per il trasporto furono esponenti dei ceti più umili, da qui il nome "Madonna dei Poveri". Oggi, a metà agosto, i festeggiamenti in onore della Vergine Nera coinvolgono Seminara e i paesi vicini nel rito liturgico, ma anche in spettacoli folkloristici ed in una grande fiera dove è sempre stato possibile reperire ogni sorta di mercanzie.

 

MADONNA DELLA CONSOLAZIONE - La festa, che risale al 1592, si celebra nel capoluogo reggino la prima domenica dopo l'8 settembre di ogni anno. Secondo la tradizione un quadro della Madonna, ritrovato da un contadino mentre zappava, trasportato più volte nel Duomo della città, riappariva miracolosamente presso il luogo dov'era stato ritrovato e dove poi sarebbe sorta la basilica dell'Eremo, nella quale il quadro viene ora custodito. Ogni anno, all'inizio dei festeggiamenti e fino alla domenica successiva al 21 novembre, l'immagine viene trasferita dalla basilica dell'Eremo al Duomo di Reggio Calabria. I festeggiamenti, che si protraggono per cinque giorni, presentano alcuni elementi comuni ad ogni altra festa, quali luminarie, concerti bandistici, gare pirotecniche, ma anche elementi particolari, come le sfilate di carri allegorici con riferimenti a situazioni locali, l' offerta del Cereo, le danze dei ballerini di Cardeto (paesino nei pressi di Reggio), le esposizioni e le fiere dell'artigianato locale e nazionale.

 

FESTA DELL'IMMACOLATA - A San Ferdinando, la prima domenica di agosto, si celebra la festa in onore di Maria SS. Immacolata, con la tradizionale processione sul mare. I festeggiamenti iniziano il giovedì precedente, con il trasferimento in processione della Sacra Effige dalla Chiesetta dell'Immacolata alla Chiesa Madre. La domenica mattina, preceduta da spari di mortaio che annunciano il giorno di festa, ha luogo la tradizionale processione sul mare; la statua della Vergine viene sistemata su una barca che, seguita da numerose altre imbarcazioni, attraversa tutto lo specchio di mare antistante il litorale marino, fino a raggiungere l'arenile del villaggio MARIS e degli altri villaggi turistici. Durante la festa, "I Giganti" percorrono le vie cittadine e non manca il tradizionale "Ballu du cammeduzzu i focu".

 

LA TARANTELLA CALABRESE - La "viddhaneddha" reggina è una delle migliori espressioni della cultura calabrese; più che una danza è un rito con profonde origini storiche che si ricollegano ad espressioni artistiche originate dalla scuola della danza greca. La tarantella è una danza vulcanica, come le emozioni che esprime, è la storia di una passione meridionale; ogni gesto è un' idea, ogni posa un sentimento, sicché essa si svolge drammatica, pudica, irresoluta, affascinante, emblema dei contrasti interiori d'un silenzioso amore. Ma quando la tensione scoppia e trionfa, la danza si anima, travolge e passa dalla timidezza all'audacia ed attacca, insegue, incatena e, baccante ebbra e delirante, si precipita cieca alla voluttà.

 

I GIGANTI - E' una tradizione tipica calabrese far precedere le feste religiose da un vivace corteo profano capeggiato da enormi fantocci, i surreali giganti e gigantesse. Queste singolari figure rappresentano i due antichi regnanti "Mata e Grifone". Mata una regina indigena, Grifone un re turco. Grifone, il gigante maschio, solitamente caratterizzato da un cappellaccio nero, da una corona piumata o da un elmo e grandi baffi neri a manubrio. Mata, la gigantessa, molto appariscente nelle forme, corredata da collane variopinte, grossi orecchini, guance colorate, frutta e fiori di plastica, fischietti, medaglie dorate e piume colorate. Alcuni racconti popolari calabresi narrano la storia di una fanciulla locale rapita da un re venuto da molto lontano, dal mare, follemente innamorato di lei; la danza dei giganti è, infatti, una danza di corteggiamento, effettuata al ritmo dei tamburi.

 

U CAMJUZZU I FOCU - La leggenda del "camjuzzu" ha origini storiche che risalgono al 1060, con i normanni che intendevano perseguire l'obiettivo ambizioso di liberare la Sicilia dal dominio saraceno e restituirla alla Chiesa romana. E' il Conte Ruggero d'Altavilla che da Mileto, raggiunge l'isola e, sconfitto un drappello di saraceni, entra nella città di Messina a dorso di un cammello sottratto ai saraceni. Oggi in Calabria, il camjuzzu si balla al ritmo della tarantella, suonata con tamburi, grancassa e piatti, in segno di festa. E' rievocazione dei musulmani che dominavano la zona di Tropea e riscuotevano i tributi a dorso dei loro cammelli, e simbolo del trionfo della fede cristiana sul potere dell'arabo infedele, della resistenza alla prepotenza e allo sfruttamento. Il ritmo vivace ed incalzante della tarantella e lo spettacolo pirotecnico ne assicurano un forte impatto emotivo.

 

MUSEO DEL FOLKLORE - Nella cittadina di Palmi sorge il Museo Calabrese di Etnografia e Folklore intitolato all'etnologo Raffaele Corso (1883-1965). Il museo raccoglie testimonianze della tradizione folklorica calabrese: oggetti della superstizione popolare (maschere apotropaiche); una collezione di costumi calabresi; manufatti in legno e ceramica, una collezione di circa 750 conocchie (fusi in legno scolpito, utilizzati per filare la lana che si ponevano sul davanzale delle promesse spose come dono nuziale), una cospicua collezione di stampi per dolci, figure di pastori per presepi. Inoltre, ex voto in cera, metalli pregiati e immagini sacre.

 

LA CUCINA CALABRESE - Chi ama i sapori decisi non potrà che apprezzare i salumi calabresi; il primo impatto è di fuoco, ma è il dazio da pagare per addentrarsi in un mondo di sapori che non ha eguali in Italia. Nella sua apparente rusticità, la soppressata è un salame ricco, fatto con i pezzi migliori insaporiti con sale e peperoncino, agli antipodi della 'nduja, preparata macinando più volte le carni suine di seconda o terza scelta insieme ad un'abbondante quantità di peperoncino.

 

L'ARTIGIANATO LOCALE - L'artigianato calabrese affonda le sue radici nella civiltà mediterranea e, soprattutto, in quella della Magna Grecia da cui discende. L'arte della tessitura forse è tra quelle che ha origini più antiche e, nei paesini dell'interno, è ancora possibile ammirare una tessitrice al lavoro. Di grande valore sono la produzione di arazzi, ricami, merletto a tombolo, sete e damaschi; sono molto rinomati i "vancali" (scialli in seta e lana) di Tiriolo e le pezzare (stoffe variopinte) di Samo. Continua la lavorazione del ferro battuto e del rame a Serra San Bruno, dell'oro e argento a Crotone, del vetro a Bagnara, del vimine e della paglia a San Giorgio Morgeto, Cosenza, Soriano Calabro. Una delle forme più originali nella produzione del legno è quella chiamata "arte dei pastori"; la lavorazione è rimasta sempre la stessa e ancora oggi si preferisce usare la tecnica dell'intaglio a mano non usando i moderni macchinari. Caratteristica è la produzione di strumenti musicali di altissimo pregio in particolar modo quella di liutai a Bisignano e la costruzione degli zufoli in canna a San Luca e Platì.


 

 
 
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